Il silenzio (adolescenza, bullismo…)

Esiste il silenzio che dice molto più delle parole. Se una persona a voi vicina smette di parlare, è grave. Significa che sta succedendo qualcosa di negativo nella sua vita. Il compito nostro è far parlare in tempo, altrimenti può essere tardi.
È successo a una mia amica.
Sua figlia Flavia ha avuto dei problemi a scuola, e invece di confidarsi con i genitori si è chiusa in se stessa. “Sta crescendo” pensava la madre, “è diventata una ragazza seria, educata, silenziosa… matura”.
Invece Flavia ha fatto di tutto per nascondere quello che accadeva a scuola. Essere adolescenti non significa solo cambiamento del carattere, ma anche del corpo. Lei, che ha avuto la “fortuna” di avere il seno più grande delle sue compagne, veniva presa in giro in tutti i modi possibili. Era anche una secchiona, ma sappiamo benissimo che i secchioni non sono mai stati visti come i ragazzi normali. Addirittura la parola “secchione” viene usata per offendere. Quindi, che succede quando i ragazzini arrivano alla età adolescenziale? Per prima cosa si abbassa il livello di studio, poi il comportamento. A cosa serve essere educati se è molto più semplice fare i cretini per diventare popolari?
Flavia sapeva perfettamente che per far smettere i suoi compagni, bastava diventare come loro. E così ha fatto. Ha smesso di studiare, ha iniziato, insieme a loro, a prendere in giro i suoi ex amici. Ex sono diventati perché lei non era più quella di prima, stava in un gruppo di ragazzi che “bravi” non lo erano affatto.
Apparentemente, sembrerebbe la sua scelta, dovrebbe essere felice. Sì, sarà pure una scelta sbagliata, ma sempre una scelta è. Invece questa apparente scelta è stata fatta per difendersi dai suoi compagni. Secondo Flavia questa era l’unica alternativa possibile.
Passando così le giornate a scuola, tornava a casa troppo stanca per poter fingere di star bene. Quindi per non essere scoperta, perché si vergognava, ma anche per non far preoccupare la madre, ha scelto una tattica infallibile: non parlare. “Ciao come è andata oggi a scuola?” chiedeva la madre. “Bene” rispondeva Flavia e si chiudeva in camera sua.
Per “fortuna” un giorno è successo un incidente e Flavia è stata ricoverata in ospedale. L’incidente non era grave, ma proprio grazie a questo, la madre ha scoperto quello che accadeva a scuola. No, non è quello che pensate voi! Non è venuto nessuno dei suoi così detti amici, ma quelli che lei aveva abbandonato. Flavia è scoppiata in lacrime davanti alla sua mamma e ha chiesto il perdono alle amiche. Non ce la faceva più a fingersi un altra persona, si vergognava troppo per tutte le volte che le aveva prese in giro. Per fortuna loro l’hanno perdonata subito.
La figlia della mia amica è tornata quella di prima, e ha ripreso anche la danza che aveva abbandonato all’insaputa di sua madre.
Ci voleva un incidente per poterla aiutare…
Se c’è una persona grande o piccola che sia, che smette di parlare, allarmatevi. Non lasciate che il silenzio distrugga la vita dei vostri cari.

Io, a mia volta, mi impegnerò a raccontarvi delle storie che ci aiuteranno a scoprire tante cose nuove.

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Boomerang

Da quando ero piccola ho sempre chiesto al mio papà un cucciolo per il mio compleanno. E mi ha sempre risposto di sì. Lui pensava, che io non mi sarei ricordata quando il compleanno sarebbero arrivato, dato che lo ordinavo molto prima. Io però, ho una bella memoria, soprattutto, quando si tratta delle cose che mi sono state promesse.
Comunque non ho mai detto a lui di ricordare, ma semplicemente, visto che non arrivava nel giorno del mio compleanno, lo ordinavo per il compleanno prossimo, sperando che sarebbe accaduto un miracolo, e io avrei avuto il mio cucciolo.
Il miracolo non è mai accaduto (almeno non grazie a mio padre).

Quando avevo 14 anni il ragazzo di mia sorella ha regalato un cucciolo di pastore tedesco alla mia nipotina. È stato un periodo bellissimo! La felicità che provavo era impossibile spiegare a parole, ero letteralmente fuori.
La cosa strana però, è che mio padre, che era contro agli animali in casa, ha accettato il cane di mia nipote. Addirittura, mentre mangiavamo, il povero cucciolo ci guardava negli occhi con uno sguardo:”dammene un pezzettino…”. Mio papà diceva:”anche lui è un essere umano, non fate finta di non vedere, datelo anche a lui”.
Questo cane aveva conquistato tutti.

Poi la vita è andata avanti. Io mi sono trasferita a tanti chilometri di distanza da casa. Ho creato una mia famiglia, e mia figlia, a sua volta, mi ha sempre chiesto un cucciolo di cane. Io, come mio padre, ho sempre rifiutato, dicendo che un cane ha bisogno di qualcuno che gli stia dietro. Certamente lei si è resa disponibile, ma io ero inconvincibile riguardo questo argomento. “Devo pensare a lavorare” dicevo, “ho già troppe cose da fare, tra pulire, cucinare, fare le lavatrici… non posso caricare sulle mie spalle anche un cane!”
Lei, furbissima, andava in giro a chiedere alle persone di regalare per il suo compleanno un cane, così io non avrei potuto cacciarlo via, visto che era il regalo del suo compleanno. Certamente le persone non potevano regalarlo, sapendo che io non ero d’accordo, quindi le sue richieste non erano esaudite.

Il tempo passava, i figli crescevano… Il mio primo figlio ha iniziato a lavorare e un giorno, un bel giorno d’estate, dopo essere tornata a casa la sera tardi (era mezzanotte circa) trovo la porta della sala chiusa (di solito è sempre aperta) e mi insospettisco:”lì stanno facendo qualcosa di strano.” Apro la porta e vedo il divano letto aperto, e due teste che si alzano contemporaneamente, in sincronia, sembravano due fratelli gemelli dal modo il cui si sono mossi, tutti e due sdraiati con la pancia in giù. Erano il mio primo figlio e un… un cucciolo di pastore tedesco. Questo cucciolo era eguale identico al cane della mia nipotina. Mi ha conquistato subito. Però, c’era “un però”: il cane era di un suo collega, e mio figlio, doveva riportarlo da lui il giorno dopo.
Io, con una specie di dispiacere e nello stesso tempo di sollievo, lascio dormire il cane a casa mia. Il giorno dopo però, mio figlio torna a casa con il cibo per i cani, le ciotole per le crocchette e l’acqua, con il guinzaglio e il collare. “Questo cane è nostro!” Annuncia mio figlio, “ho convinto il mio collega che deve rimanere a casa nostra, perché è l’unico cane che potremo mai avere.” Ha detto anche che la sua ma (cioè io) glielo lascerà tenere, solo se sarà questo cane, quindi lui è obbligato a lasciarlo a mio figlio.
Così in casa nostra è arrivata Lulù. Era il destino? Boh! Può darsi. Tutto è collegato e tutto si ripete in questa vita. Guardando mia figlia ricordo me da piccola, guardando Lulù il cane della mia nipotina… A volte basta un profumo, un suono, un colore, un oggetto… per ritornare nei luoghi che abbiamo visitato, nei posti dove abbiamo vissuto, dalle persone che non rivedremo mai più (almeno non in questa vita)… Questo è il bello della vita: vivere il presente senza dimenticare il passato.

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Un giro in moto

Tutte le mattine, mentre Maria andava a scuola, incontrava un ragazzo che stava davanti al palazzo appoggiato al muro e la salutava augurandole una buona giornata.
Ah sì, lei ha 14 anni, lui 19 ( 5 anni più grande). A questa età la differenza è molta, tanto che negli occhi di Maria, quel ragazzo è un adulto. Non si è mai chiesta cosa facesse lì ogni santo mattino. La salutava e basta. Andava avanti così per diversi mesi. Tra una chiacchierata e l’altra si è creata una certa confidenza, e il ragazzo, grande appassionato di motociclette, un giorno, la invita a fare un giro.
Fare un giro con il ragazzo più grande avrebbe dovuto metterla in guardia, ma lei non pensa di correre alcun pericolo. Sale sulla moto dietro al suo amico e cerca di godere il vento in faccia. È una bellissima sensazione, soprattutto durante l’estate. Dopo un po’ Maria si accorge che si sono allontanati troppo e gli chiede di riportarla indietro. A sua richiesta il ragazzo, invece di rigirare la moto, schiaccia l’acceleratore più forte di prima. A questo punto Maria inizia ad avere paura: “In realtà cosa so io di lui? Niente! Non so nemmeno se abita nel palazzo davanti a cui lo avevo sempre incontrato oppure dall’altra parte. So solo che si chiama Marco, ma anche questo potrebbe non essere il suo nome visto che non ho mai sentito nessuno chiamarlo così. Pensandoci bene però, nemmeno con un altro nome.” Insomma, è sconcertata, persa, spaventata, terrorizzata. Ogni pensiero non è mai quello giusto. Non sa cosa fare, come comportarsi, mettersi ad urlare e rischiare di essere picchiata, o forse, è meglio stare in silenzio e aspettare il momento opportuno per scappare. Sì scappare… Scappare dove, se non sa nemmeno dove si trova?! Decide comunque che deve trovare il modo di scendere dalla moto e dice la prima cosa che le passa per la mente, chiede di andare in bagno. Per la sua sorpresa lui si ferma al benzinaio e la permette di andare alla toilette.
“Ecco e adesso che faccio, chi contatto, come contatto, a chi lo dico!?” Non c’era nessuno lì a parte loro e il ragazzo che faceva la cassa. Non resta niente che risalire sulla motocicletta e proseguire il viaggio, sperando che la prossima volta sarà quella buona per scappare da lui.
Dopo qualche minuto sono finiti nel bosco. “Questa è la mia fine” pensa Maria, “avrei dovuto tentare di scappare mentre eravamo dal benzinaio, almeno lì c’era il ragazzo che avrebbe potuto aiutarmi. Scappare ora è un suicidio! Che stupida! Codarda! Perché non ho approfittato della possibilità di scappare che miracolosamente mi si era presentata!? Ecco ora mi ucciderà e nessuno lo saprà mai quello che è accaduto oggi. Forse nemmeno il mio cadavere sarà mai ritrovato.”
Mentre questi pensieri negativi, passano nella sua mente, Marco la accompagna per mano verso il prato. Sul prato Maria vede una poltrona, simile a quelle dei re, di colore rosso e decorata con diversi tipi di fiori. Marco la invita di accomodarsi, e si inginocchia davanti a lei. Maria ancora spaventata, crede che quello che sta facendo Marco sia un rituale prima di ucciderla, finché lui non inizia a parlare: “per tanti mesi io mi sono svegliato la mattina presto per poterti salutare mentre andavi a scuola, poi non mi è più bastato solo un saluto, mi sono messo a fare due chiacchiere con te, ma nemmeno questo con il tempo mi soddisfaceva e oggi qui, in presenza del bosco, degli uccelli, delle zanzare… confesso che mi sono innamorato di te”.
L’unica cosa che riusciva a pensare Maria in questo momento: “non mi vuole uccidere, grazie Dio non mi vuole uccidere” e poi realizza le parole di Marco: “innamorato… Come innamorato..? Tutto questo spavento che mi ha fatto prendere solo perché è innamorato di me!?” Maria ha sfogato tutta la sua rabbia contro di lui in un unico schiaffo. Al momento voleva girarsi e andarsene, ma poi ha realizzato quanta preparazione ci fosse dietro a quel gesto di Marco. Non era una cosa improvvisata, era stata studiata in minimi dettali…
Tre anni dopo sono diventati marito e moglie.

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Un giro in moto

Tutte le mattine, mentre Maria andava a scuola, incontrava un ragazzo che stava davanti al palazzo appoggiato al muro e la salutava augurandole una buona giornata.
Ah sì, lei ha 14 anni, lui 19 ( 5 anni più grande). A questa età la differenza è molta, tanto che negli occhi di Maria, quel ragazzo è un adulto. Non si è mai chiesta cosa facesse lì ogni santo mattino. La salutava e basta. Andava avanti così per diversi mesi. Tra una chiacchierata e l’altra si è creata una certa confidenza, e il ragazzo, grande appassionato di motociclette, un giorno, la invita a fare un giro.
Fare un giro con il ragazzo più grande avrebbe dovuto metterla in guardia, ma lei non pensa di correre alcun pericolo. Sale sulla moto dietro al suo amico e cerca di godere il vento in faccia. È una bellissima sensazione, soprattutto durante l’estate. Dopo un po’ Maria si accorge che si sono allontanati troppo e gli chiede di riportarla indietro. A sua richiesta il ragazzo, invece di rigirare la moto, schiaccia l’acceleratore più forte di prima. A questo punto Maria inizia ad avere paura: “In realtà cosa so io di lui? Niente! Non so nemmeno se abita nel palazzo davanti a cui lo avevo sempre incontrato oppure dall’altra parte. So solo che si chiama Marco, ma anche questo potrebbe non essere il suo nome visto che non ho mai sentito nessuno chiamarlo così. Pensandoci bene però, nemmeno con un altro nome.” Insomma, è sconcertata, persa, spaventata, terrorizzata. Ogni pensiero non è mai quello giusto. Non sa cosa fare, come comportarsi, mettersi ad urlare e rischiare di essere picchiata, o forse, è meglio stare in silenzio e aspettare il momento opportuno per scappare. Sì scappare… Scappare dove, se non sa nemmeno dove si trova?! Decide comunque che deve trovare il modo di scendere dalla moto e dice la prima cosa che le passa per la mente, chiede di andare in bagno. Per la sua sorpresa lui si ferma al benzinaio e la permette di andare alla toilette.
“Ecco e adesso che faccio, chi contatto, come contatto, a chi lo dico!?” Non c’era nessuno lì a parte loro e il ragazzo che faceva la cassa. Non resta niente che risalire sulla motocicletta e proseguire il viaggio, sperando che la prossima volta sarà quella buona per scappare da lui.
Dopo qualche minuto sono finiti nel bosco. “Questa è la mia fine” pensa Maria, “avrei dovuto tentare di scappare mentre eravamo dal benzinaio, almeno lì c’era il ragazzo che avrebbe potuto aiutarmi. Scappare ora è un suicidio! Che stupida! Codarda! Perché non ho approfittato della possibilità di scappare che miracolosamente mi si era presentata!? Ecco ora mi ucciderà e nessuno lo saprà mai quello che è accaduto oggi. Forse nemmeno il mio cadavere sarà mai ritrovato.”
Mentre questi pensieri negativi, passano nella sua mente, Marco la accompagna per mano verso il prato. Sul prato Maria vede una poltrona, simile a quelle dei re, di colore rosso e decorata con diversi tipi di fiori. Marco la invita di accomodarsi, e si inginocchia davanti a lei. Maria ancora spaventata, crede che quello che sta facendo Marco sia un rituale prima di ucciderla, finché lui non inizia a parlare: “per tanti mesi io mi sono svegliato la mattina presto per poterti salutare mentre andavi a scuola, poi non mi è più bastato solo un saluto, mi sono messo a fare due chiacchiere con te, ma nemmeno questo con il tempo mi soddisfaceva e oggi qui, in presenza del bosco, degli uccelli, delle zanzare… confesso che mi sono innamorato di te”.
L’unica cosa che riusciva a pensare Maria in questo momento: “non mi vuole uccidere, grazie Dio non mi vuole uccidere” e poi realizza le parole di Marco: “innamorato… Come innamorato..? Tutto questo spavento che mi ha fatto prendere solo perché è innamorato di me!?” Maria ha sfogato tutta la sua rabbia contro di lui in un unico schiaffo. Al momento voleva girarsi e andarsene, ma poi ha realizzato quanta preparazione ci fosse dietro a quel gesto di Marco. Non era una cosa improvvisata, era stata studiata in minimi dettali…
Tre anni dopo sono diventati marito e moglie.

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Quel giorno

Non dimenticherò mai quel giorno. Era un giorno normale, come gli altri. Poi, come al solito, mia sorella, senza avvisare nessuno,è arrivata a casa nostra, per il pranzo, con il suo datore di lavoro. Sono arrivati in tre se devo essere precisa. C’erano lei (mia sorella), il suo datore di lavoro e la guardia del corpo del suo datore di lavoro.
Come tutte le altre volte, sono andata in camera mia, non potevo mai stare con gli ospiti. Secondo lei, io facevo la spia e andavo in giro a raccontare gli affari suoi. Premetto che non è mai accaduto, ma è impossibile a discutere con lei. Quindi mi chiudo nella mia stanza e, non sapendo cosa fare, perché persino i compiti erano già fatti, mi sono messa a ripassare la storia, la biologia, la geometria… Insomma tutto ciò che non ho mai dovuto studiare. Avevo una bella memoria e mi bastava quello che raccontava la maestra durante la lezione. L’unica cosa che mi interessava realmente era: “quando cavolo finisce sto pranzo?!” Non vedevo l’ora di poter uscire dalla mia stanza. Stando lì dentro mi sentivo soffocare. Avete presente quel momento quando si sta ad aspettare il pullman? Ecco uguale, ogni minuto sembrava un eternità, ma ad un certo punto, entra mia sorella e mi invita ad andare a mangiare con loro. “È un miracolo! Domani nevica!” Non riuscivo a credere, dentro di me ero felicissima, ma non potevo darle questa soddisfazione. Faccio: “noo grazie, preferisco rimanere qui a studiare”. Poi, credo che, il suo datore di lavoro, ha sentito che io sto rifiutando l’invito. Dice: “dai che fai lì da sola, vieni qui con noi.” Ovviamente un invito del genere non si poteva rifiutare. Dentro di me suonavano le campane. Esco con passo lento, lentissimo: “ma di cosa posso parlare con lei? Lei è troppo vecchio.” Lui mi guarda e si mette a ridere: “con i prezzi nuovi ho vent’anni.” (Per chi non lo sapesse, erano gli anni novanta, il mio paese faceva parte dell’ex Unione sovietica e in quel periodo si cambiava spesso la moneta.) E mi propone di fare per lui e per la sua guardia del corpo la guida turistica. Ho accettato subito. La sera stessa eravamo già grandi amici e sembrava che ci conoscessimo da sempre. Da lì a poco mi è arrivata una proposta. Non ho mai dato una risposta precisa a riguardo, ma il destino è destino…
Poco dopo siamo diventati marito e moglie. Abbiamo fatto due bellissimi bambini e poi… Poi niente.
La malattia ti ha portato via. Sei stato mio marito per pochissimi anni, ma mi sono bastati per averti nel cuore per sempre. Oggi, dopo quasi ventidue anni, ricordo come se fosse ieri.

Non dimenticherò mai quel giorno, il giorno, in cui ho incontrato te.

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Affari degli altri.

Sì certo, posso fare finta che non mi riguarda. È molto più semplice non dire niente, piuttosto che passare per l’antipatica, o peggio, dalla parte del torto. Però sono fatta così, finisco sempre per discutere con qualcuno. E anche questa volta mi sono immischiata in una faccenda che non mi riguarda.
Praticamente le cose sono andate così. Stavo in fila alla cassa del supermercato e, come spesso succede, c’era un ragazzo che voleva passare davanti a tutti facendo vedere solo una bottiglia di Coca-Cola. Ovviamente le persone, la maggior parte di loro erano anziani, l’hanno fatto passare e subito dopo lui si è avvicinato alla commessa e le ha ordinato di dare tutto l’incasso.
Una persona normale non si immischierebbe mai, ma non io. Faccio finta di chiamare mio marito che in questo momento si trova in un altra città, però questo lo so solo io, quindi insinuo che sia davanti al supermercato. Gli chiedo di prendere la pistola che si trova sotto il sedile del passeggero e di entrare subito dentro. La mia voce è così convincente che il ladro prende in ostaggio il primo vecchietto che capita e si dirige verso gli scaffali del supermercato sperando di poter uscire dall’entrata dei dipendenti. Non sapendo che la porta rimane sempre chiusa a chiave.
Nessuno è riuscito a chiamare i carabinieri pensando che il ladro potrebbe fargli del male se solo si permettessero di prendere in mano il telefono.
Nel frattempo, in tutto questo tram tram, passava davanti alla vetrata del supermercato un signore e ha notato le persone che stavano in fila alla cassa, … senza fare la cassa… Frizzate. Gli è sembrato molto strano e, invece di proseguire o entrare dentro ha chiamato i carabinieri chiedendo di venire subito a verificare se tutto fosse apposto. Ovviamente il ladro questo non lo sapeva, dato che non si trovava nemmeno lì in questo momento. Era certo di avere tutto sotto controllo. Comunque appena il ragazzo si è accorto che la porta di servizio era chiusa è tornato subito indietro lasciando il vecchietto che aveva preso in ostaggio e ordina alla commessa di seguirlo. Mentre loro andavano dietro gli scafali noi tutti che eravamo all’interno del supermercato siamo corsi verso la uscita che, per fortuna, non era stata bloccata. Una volta fuori abbiamo chiamato aiuto, perché nemmeno noi sapevamo che l’aiuto era già lì. Il ladro è stato arrestato. Nessuno si è fatto male e per di più non è sparito dalla cassa nemmeno un centesimo.
Chissà come sarebbero andate le cose se io facessi gli affari miei? Insomma tutto é bene quel che finisce bene.

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Riaprendo gli occhi.

Lo sapeva da sempre che qualcosa non andava in lei. È impossibile spiegare. Lo percepiva a pelle… Ogni volta che suo padre si avvicinava sentiva un fastidio, come se non dovesse esistere, come se fosse in colpa per qualcosa. Passavano gli anni, il loro rapporto diventava sempre più freddo e distaccato. Fin che lei non decide di andare via di casa e costruire la sua vita lontano da lui, ma appena il padre lo viene a sapere si arrabbia e la rinchiude nella sua stanza.

Ora lei è più confusa di prima. “Perché si comporta così? Se non mi vuole, perché non mi lascia andare via? Certo chi lo capisce è un genio!”

In realtà le cose non sono mai come sembrano. Suo padre prima era un poliziotto. Un bel giorno, ed era proprio un bel giorno, dato che festeggiavano il compleanno della loro piccolina che aveva compiuto il suo primo anno di vita. Mentre tutti quanti stavano facendo i Brindisi invece del saluto hanno sentito uno sparo e subito dopo la madre è caduta per terra. Non c’era più niente da fare, era morta.

Povero padre era disperato, distrutto dal dolore e dai sensi di colpa. È stato lui a lasciare la pistola sul tavolo dopo essere tornato dal lavoro. Certo che lei era troppo piccola per poter ricordare quel che era accaduto, la cosa più brutta è che nessuno le ha parlato. Per tutti questi anni il padre è stato combattuto tra sensi di colpa e amore per la figlia. Ogni volta che la guardava riviveva quella tragedia, ma nello stesso tempo amava la sua piccolina. Non sapendo come affrontare la situazione si è allontanato sempre di più.

E ora lei si ne va… E si proprio adesso lui ha capito quanto bisogno abbia di lei. Sa perfettamente di non essere stato un padre modello. Vuole rimediare, ma ha paura che sia tardi. Infatti sbaglia anche questa volta; invece di dire alla figlia che le vuole bene, che ha bisogno di lei che fa? La rinchiude nella sua stanza.

Lei non saprà mai come è morta la madre. Dopo essere stata rinchiusa in camera sua, non sapendo più cosa fare, ha preso i tranquillanti che era solita usare, solo che ne ha presi un po’ troppi…

…Quando lei ha riaperto gli occhi c’erano attorno tante persone col camice bianco; qualcuno diceva di chiamare la camera mortuaria, pensavano che fosse morta. Poi alla sua destra ha visto il padre inginocchiato con la foto della mamma che pregava per LEI. Per la prima volta nella sua vita si è sentita considerata, amata. La felicità che all’improvviso ha attraversato questa ragazza è indescrivibile.

Il padre si è accorto del suo risveglio e ha chiamato subito i dottori che la davano per morta. Tutti erano stupiti, qualcuno addirittura ha sussurrato: “miracolo! miracolo!” Lei era morta. Sono le preghiere del padre hanno fatto accadere questo miracolo, o forse Dio ha deciso di darli la seconda possibilità.

A volte il silenzio, i segreti rovinano le vite. Solo affrontando la verità si può calmare il dolore e andare avanti.

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Tutto torna.

Non è mai facile prendere una decisione. Figuriamoci se questa decisione è la più importante della tua vita. Ecco anche lei si è trovata in una situazione simile. Pochi giorni fa è morto suo padre lasciando un sacco di debiti. Certo può semplicemente non accettare eredità e risolto il problema ma il buon nome della famiglia rimarrà macchiato per sempre. L’alternativa è accettare il corteggiamento di quell’uomo che da tempo gironzola attorno. Lei non ha mai preso in considerazione le sue attenzioni, diciamoci la verità, lo fa proprio schifo solo il pensiero di poter essere toccata da lui. Però altra possibilità di salvare buon nome della famiglia non c’è. Cosa farà a questo punto povera donna? Come andrà a finire? Che decisione prenderà? Salverà il buon nome della famiglia o soffrirà per il resto della sua vita?
La madre aveva pregato di lasciar perdere che per lei la reputazione non ha nessuna importanza, ma la felicità della sua figlia si. Figuriamoci mamma. Che doveva dire!? Ovvio che una madre vuole il meglio per i propri figli, ma lei ormai aveva deciso. Si, ha deciso, costi quel che costi, sposerà quell’uomo.
Ecco: chiesa, altare…. La sta accompagnando il suo zio, si fermano davanti al prete, quell’uomo (uomo che deve sposare) alla sua destra, lei a sinistra, davanti al loro il prete. Arrivato il momento del SI, tocca lei rispondere alla domanda del parroco. Il silenzio della chiesa strillava negli orecchie. All’improvviso lei inizia a pregare dentro di se tutti i santi che passavano nella sua mente. Si è rivolta anche a Gesù, a sua madre e a San Giuseppe… Eee che succede….. Lui l’uomo che lei sta per sposare rompe il silenzio dicendo che voleva capire quanto lei amava la sua famiglia e fin dove poteva arrivare sacrificandosi per i propri cari che non avrebbe mai sposato una donna che non lo ama e che lei ha meritato tutta la sua stima, perché al posto suo avrebbe preferito la prima soluzione, cioè perdere il nome. Aggiunge che i debiti della sua famiglia sono già saldate e che lei è libera di vivere la sua vita come meglio crede.
Il matrimonio ovvero il non matrimonio è finito lì. Passa il tempo quell’uomo si ammala, non ha nessuno che potrebbe prendersi cura di lui. Ecco è qui che vengono ripagate le buone azioni. La ruota gira per tutti. Lei che un tempo aveva addirittura schifo di quell’uomo, si è presa cura di lui.
Questa favola non ha un finale “vissero felici e contenti”. Questa è una storia di boomerang, tutto torna nella vita, infatti il bene che ha fatto quell’uomo è tornato rendendolo felice i suoi ultimi giorni di vita. Non gli avrà passati da marito, ma comunque gli ha passati vicino a LEI.

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Amore salva il mondo.

Io l’ho visto, non può mentire. Il dolore che esprimevano i suoi occhi era sincero. Così ho iniziato a fare delle domande riguardo la sua storia. Mi ha raccontato della sua famiglia, dell’infanzia… Apparentemente sembrava che è una vita normale, solita ma ad un certo punto mi sono riconosciuta in lui. L’ultimo figlio della famiglia, (il più piccolo). Certo direte voi e che c’è di strano o particolare? Qualcuno deve essere più piccolo no? E poi i più piccoli sono più coccolati, più amati… Però i piccolini poi crescono e vedono i fratelli maggiori di essere presi in considerazione dai genitori, quasi a parlare a pare con loro. Invece i figli che chiudono cerchio della famiglia rimangono piccoli per sempre. La cosa più brutta essere sempre incolpati dai fratelli maggiori delle cose che accadono in casa, “è sparita la mia felpa preferita. È colpa tua hai preso tu”. “È rotto il computer hai usato tu per l’ultimo! È colpa tua!” ” La mamma ti vuole più bene di noi perché sei più piccola (o). È colpa tua che ci vuole meno bene a noi!” Insomma non è come sembra se non ti trovi dentro e non provi sulla propria pelle. E io ciò provato. Comprendo completamente il suo dolore. Lui poverino è stato maltrattato per anni e poi pretendono pure che sia una persona normale…
Lui ha sbagliato, ha commesso un reato per quale dovrà pagare con la sua libertà, ma è tutta colpa sua? Nessuno c’ha pensato prima di umiliare o maltrattare, del danno e soprattutto delle conseguenze del loro comportamento?
Per favore trattate bene le persone che vi stanno vicino e vi assicuro che commetteranno meno guai. È proprio vera questa frase “amore salva il mondo.” Partiamoci con questo obiettivo e otterremo grandi risultati.

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